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Questo articolo è stato pubblicato il 22 ottobre 2012 alle ore 13:19.



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Basta, non esisti più, Cancellato. Annullato. Messo ai margini dello sport come un baro o uno spergiuro. Lance Armstrong, come ha detto il presidente dell'Uci, Pat McQuaid, «non ha più posto nel ciclismo». I suoi sette Tour de France, vinti tra il 1999 e il 2005, gli sono stati revocati come aveva già fatto l'Usada, (ente antidoping Usa) che dopo anni di indagini e grazie alla deposizione di 24 testimoni, 11 dei quali ex gregari del corridore, l'aveva privato di tutti i successi ottenuti fino al 2011, ultimo anno di attività di Lance.
Evidentemente, le prove fornite dall'agenzia americana sono state ritenute schiaccianti, anche se fino all'ultimo le malelingue avevo ipotizzato una decisione pilatesca dell'Uci, un colpo di coda in cui si lasciasse l'ultima parola al Tribunale arbitrale dello sport.
Invece, l'Unione ciclistica, è andata giù con il machete cercando così di allontanare qualsiasi sospetto sulla sua "scarsa vigilanza" nei confronti dell'americano. Una scarsa attenzione quasi ai limiti della complicità con controlli antidoping inefficaci per coprire la positività del texano e del suo team. Ricordiamo infatti che l'Usada ha definito la carriera di Armstrong «la più grande truffa realizzata nello sport professionistico».
Parole pesantissime che toccano non solo l'americano ma tutta la sua squadra. Non a caso determinanti sono state le confessioni dei compagni.
Un vero museo degli orrori che dallo sport ci porta dritti all' anticamera dell'inferno. Corridori come Landis e Leipheimer che si prelevano il sangue a vicenda. Altri che per paura d'improvvisi controlli buttano provette fiale dopanti tra gli alberi "che cresceranno grandi e grossi". Poi Hincapie, terrorizzato che avverte Armstrong dell'arrivo degli ispettori antidoping.
Sacche di sangue tenute in frigorifero vicino al formaggio e al prosciutto, Tecniche di microdosaggio per sfuggire ai controlli, sacche buttate nel water. E poi la paura e la pressione psicologica per convincere i recalcitranti. Secondo l'Usada, Armstrong avrebbe instaurato un vero e proprio regime del terrore per mantenere un ferreo silenzio sulle pratiche proibite.
Un ritratto quasi inverosimile, quello dell'Usada, che descrive Armstrong come una specie di Cagliostro, una sorta di Superman della provetta che grazie alla scienza, e suoi ambigui rapporti con i medici, ha portato oltre ogni limite l'asticella delle prestazioni senza che però nessun organo ufficiale intervenisse.
Una sentenza clamorosa, questa su Armstrong. Che lascia un buco devastante nella storia del ciclismo e del Tour de France. Perché Armstrong è un corridore "pesante" come Marco Pantani, una figura che ha fatto la storia di questo sport e che ora rischia di sparire completamente facendo sparire anche la credibilità dell'antidoping, perchè non si può non chiedersi, davanti a una vicenda del genere, così prolungata nel tempo, dove si trovava chi doveva controllare e vigilare. Si dice che il doping corra sempre più velocemente dell'antidoping. Ma qui il quadro è molto più imbarazzante e sospetto.
Non si possono non ricordare le parole del potentissimo predecessore di Mcquaid, Hein Verbruggen, numero uno del ciclismo ai tempi di Armstrong e poi vicepresidente del Cio. Dopo le prime ammissioni, Verbruggen disse che era «impossibile che Armostrong avesse mai fatto uso di doping. Mai, mai e poi mai».
Che dire? Davanti a queste difese, si può solo rabbrividire. Soprattutto dopo tutte le testimonianze che sono emerse. Ora molti dicono: ma sono attendibili queste testimonianze?
Difficile dare risposte univoche. Se tutte queste confessioni in blocco sembrano sospette, bisogna sapere che se i compagni di Armstrong avvessero mentito avrebbero rischiato la galera. E in America non si scherza. Si dice che siano stati pagati, indotti a confessare episodi di doping mai esistiti. Difficile crederlo. Soprattutto per la precisione e il numero delle testimonianze.
E ora? Comunque finisca la vicenda personale di Armstrong (Lance rischia anche di essere incriminato per "spergiuro" che negli Usa , vedi il caso di Marion Jones, porta al carcere), a uscirne a pezzi è il ciclismo tutto perchè sette Tour de France non li aveva mai vinti nessuno dei grandi, e cinque consecutivi solo Indurain, Anquetil Merckx e Hinault.
Insomma, tutta la storia recente del ciclismo viene rovesciata, umiliata, quasi ridicolizzata. Pantani, Ullrich, Museeuw, gli ultimi vent'annni di questo sport sono tutti da riscrivere, oppure da lasciare vuoti a imperitura memoria, una terra di nessuno dove tutti sono stati vittime e carnefici. Un lungo elenco di menzogne, dove ogni attore faceva la sua parte perchè lo spettacolo, e il business, in qualche modo andasse avanti. Corridori, direttori sportivi, medici, dirigenti, e anche giornalisti, compreso ovviamente chi scrive. Ora bisogna ripartire da capo. In una situazione, complice anche la crisi, dove gli sponsor (vedi la Rabobank) più importanti fuggono a gambe levate. Non sarà facile. Ma la campana non suona solo per il ciclismo. Suona per tutti.